Il massacro di Sabra e Shatila
Nel settembre del 1982, uno degli eventi più tragici della storia moderna del Medio Oriente ebbe luogo nei campi profughi di Sabra e Shatila, nella parte occidentale di Beirut. Il massacro che ebbe luogo dal 16 al 18 settembre ha lasciato una cicatrice indelebile nella coscienza collettiva della regione, in particolare nei palestinesi rifugiati in Libano dopo essere stati cacciati dalle proprie case durante la Nakba. La scoperta della brutalità degli orrori perpetrati contro uomini, donne e bambini inermi ha scatenato una forte indignazione internazionale.
Nel 1982, Israele invase militarmente il Libano con l'obiettivo dichiarato di cacciare l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e il suo leader Yasser Arafat dal Libano.
Dopo pochi mesi di combattimenti e bombardamenti, le truppe israeliane occuparono la capitale e circondarono i campi profughi di Sabra e Shatila. Nel mentre, il Presidente della Repubblica libanese venne ucciso da un attentato, i cui mandanti ed esecutori sono ancora ignoti, e i militanti del partito cristiano libanese (Falangi) accusarono i palestinesi rifugiati nei campi profughi.
Con la connivenza delle forze israeliane, il 16 ottobre le Falangi libanesi entrarono nei campi profughi di Sabra e Shatila: le persone inermi subirono per tre giorni e tre notti la furia cieca dei miliziani che si fermavano solo se stremati dalla fatica fisica delle uccisioni e andavano a riposare lasciando il posto ad altri miliziani. Dopo la strage, alcuni corpi furono gettati in fosse comuni, nel tentativo di coprire le dimensioni del massacro, ma i cadaveri erano troppi e molti furono lasciati nelle strade.
Il numero esatto delle vittime è oggetto di dibattito, le stime variano tra 800 e 3.500 persone.
Nessuno ha pagato per la strage.
Sabra e Shatila esistono tuttora.